La quinta volta in una stagione.
Siamo su un’isola in Grecia, Elafonissos, Sud del Peloponneso. Una perla che potrebbe essere parco marino e sotto tutela di tutti gli enti possibili. E invece… sorpresa!
Quest’anno, per cinque volte (solo quelle di cui io sono a conoscenza), reti fantasma hanno intrappolato tartarughe Caretta caretta. Su cinque: tre sono state liberate, due sono morte. Sì, la quinta volta in una sola stagione, e no, non sto esagerando per effetto scenico: è proprio triste realtà.
Mi chiedo spesso quanto il pescatore ami il mare quando succede questo. Le reti fantasma non sono un piccolo inconveniente: sono un disastro.
Tra lionfish, finte emergenze e vere tragedie
E intanto le “finte” associazioni ecologiche dell’isola sembrano avere l’ossessione del momento: il lionfish.
Capisco: è esotico, è drammatico, si presta a foto virali. Ma siamo sicuri che la priorità sia questa?
Qualcuno ha chiesto al povero lion fish cosa ne pensa? Ovviamente no. Lui arriva tranquillo, fa il suo giro per i mari, avrà anche sbagliato strada e trova l’essere umano pronto con la soluzione più semplice che conosce da secoli: “Sterminiamolo”. Teoria popolare, sui media e fra certi subacquei che partecipano al tirassegno, che poi finisce spesso in barbecue collettivi perché il lionfish, sorpresa, è pure commestibile (fino a prova contraria)
Però, attenzione: non tutto il mondo concorda nel rendergli la pena capitale. La posizione prevalente tra molti scienziati è che ormai eliminarli sia impossibile, bisogna convivere. Si può provare a tenerne sotto controllo i numeri, ma serva davvero? Alcuni sostengono che, dopo la prima fase di invasione esplosiva, la natura troverà un nuovo equilibrio: predatori locali che si adattano, popolazioni che si stabilizzano.
Un equilibrio diverso, certo, ma il mondo non resta fermo.
In più: non dimentichiamo che l’invasione è stata favorita da un nostro regalo, la pesca che, in passato, ha ridotto i predatori di taglia media (cernie e simili). Il lionfish ha semplicemente occupato una nicchia ecologica lasciata vuota dall’uomo. E, oltretutto, non ci sono prove solide che la presenza di un altro predatore sia automaticamente catastrofica.
Insomma: mentre qualcuno organizza convegni, inviti e dibattiti sul grande problema del lionfish, un problema che, a quanto pare, non ha mai dato fastidi significativi a nessuno… muoiono tartarughe intrappolate nelle loro reti.
E questo mi lascia perplessa: che senso ha tutta questa urgenza selettiva?
Io scrivo ed io sono sempre nessuno e rappresento tutti quei nessuno che mi stanno intorno. Non sono pescatore, non mangio pesce; se vedo un gabbiano pescare, mi dispiace per il pesce per tre giorni, ma non vado in giro a fare giustizia sommaria con tutti i gabbiani. "Ci son troppi gabbiani che mangiano i pesci... Sterminiamoli!"
Non so, voi cosa ne pensate?
Storie di tartarughe, reti dimenticate e coscienze assenti
Ma torniamo a noi.
Le chiamano reti fantasma: si attaccano a tutto ciò che vive, e non mollano mai.
Sono reti abbandonate dai pescatori, perse o dimenticate in mare, che continuano a pescare da sole, giorno e notte, senza stipendio, senza ferie e senza alcuna intenzione di smettere.
Pesca automatica, versione apocalisse.
E la parte comica (se vogliamo proprio trovarla) è che l’uomo, geniale com’è, ha inventato la pesca… e poi ha lasciato le reti lì a fare straordinari per decenni.
Nel frattempo, il mare si riempie di pesci intrappolati, tartarughe legate, per non scrivere del rischio nell’ecosistema, rappresentano una fonte significativa di inquinamento da plastica, poichè le reti in nylon ed altri materiali sintetici si degradano lentamente in microplastiche, che contaminano l'ambiente acquatico e vengono ingerite dagli organismi marini.
Ogni rete fantasma è una trappola invisibile che si muove con le correnti, si impiglia nelle rocce e semina morte in silenzio.
Eppure basterebbe poco: più controlli, più sensibilità e udite udite magari smettere un attimo con l’ossessione per quell’altro disgraziato del lionfish ed un po’ di responsabilità da parte di chi le mette in acqua.
Perché, alla fine, il mare non ha bisogno di fantasmi.
Ha già abbastanza mostri… e, purtroppo, la maggior parte cammina su due gambe.
Si fanno le foto sorridenti dopo aver catturato il temibile lionfish, come se avessero appena salvato il pianeta da un'invasione aliena. Pose da eroi, facce da copertina. Intanto quando una tartaruga resta intrappolata in una rete fantasma la risposta alle mie estenuanti domande è sempre la stessa: "sono cose che capitano". OK.

Io sono La Fra e queste sono solo riflessioni di Nessuno.